martedì 20 maggio 2008

Analisi del rapporto tra musica e radio

Tratto dal sito www.girodivite.it



La radio è uno strumento familiare della nostra vita di tutti i giorni. La teniamo accesa per accompagnarci. Ci stimola alcune riflessioni ascoltando una notizia o una canzone. E’ una compagna davvero fedele e puntuale. A tutte le ore e ovunque.
Una delle funzioni principali della radio è di trasmettere musica. Musica con o senza accompagnamento vocale. Musica classica o moderna. Musica acustica o elettrica. Insomma, musica di ogni tipo, forma e genere. Da qui si evidenzia il fatto che è uno straordinario veicolo di promozione musicale. Un’etichetta o semplicemente un gruppo invia un CD e la radio lo trasmette. Un passaggio alla radio può determinare il successo di un CD aprendo all’esecutore palcoscenici di fama e notorietà.
Ma quale tipo di musica trasmette la radio in Italia? Musica straniera o italiana? Musica delle corporazioni o indipendente? A queste domande risponde la Knowmark di Bologna che sottopone a controllo il mondo dell’emittenza radiofonica secondo metodologie di rilevazione scientifiche.
Prima di tutto, bisogna porsi una domanda. Chi fa parte del campione? I dati provengono da 18 emittenti radiofoniche suddivise tra 10 radio a copertura territoriale nazionali, 5 a copertura interregionale e 3 regionali, equivalenti al 51% di share media giornaliera (fonte: Audiradio I° semestre 2007).
Secondo problema, quali gli obiettivi della ricerca? L’obiettivo principale della ricerca è stato quello di misurare le performance dell’industria musicale italiana rispetto al media radiofonico. Tale misurazione è resa possibile dal monitoraggio continuativo che la Knowmark realizza grazie ai sistemi di riconoscimento automatico che permettono di ottenere queste informazioni in tempo reale.
Altro problema, individuare i parametri di conoscenza. Essi sono stati individuati in quello di “provenienza” (musica italiana e musica straniera) e di “tipologia” (musica prodotta dalla c.d. “major” oppure dalle c.d. “indipendenti”).
I dati emersi non sono affatto incoraggianti per la musica italiana. Infatti, la prima tabella riporta un dato impressionante: 35,6 %di monte-orario per la musica italiana e ben il 64,4 % per quella straniera. Dati che per radio a prevalenza di “parlato” sono del 21 % per la nostra musica e del 79 % per la musica proveniente dal’estero! Una caporetto… Soltanto nelle radio a specializzazione “musicale” i dati convergono per una suddivisione quasi paritaria del monte-orario giornaliero.
La realtà diventa non proprio positiva per quanto riguarda la “tipologia”. Infatti, il 49,5 % del monte-orario è di pertinenza delle major, un 22,5 % delle etichette indipendenti distribuite dalle major (in massima parte straniere), un 25% di etichette indipendenti che si distribuiscono con i propri mezzi e solo il 3 % gruppi musicali. Ma c’è un dato ancora più allarmante: il comparto indipendente italiano raggiunge appena il 7 % del totale, mentre quello straniero (etichette indipendenti distribuite da “major” e etichette indipendenti distribuite da altre indipendenti) rappresentano il 40 % del totale! In pratica per le radio italiane il prodotto indipendente italiano non esiste.
Altri dati interessanti rivelano alcune realtà interessanti. Ad esempio, il pop italiano corrisponde al 64,7 % della programmazione “made in Italy” delle radio italiane. Oppure, dieci artisti italiani rappresentano il 48 % dell’intera programmazione di musica italiana! Infine, in riferimento a tutti i generi italiani l’artista che ottiene più passaggi è Jovanotti con il 41,1 % sul totale.
Quali le conclusioni? Riporto quelle stilate dalla Wondermark in quanto le reputo esemplari nella loro sinteticità.


1. La musica italiana in media non supera il 35% della programmazione, su base giornaliera, di tutte le radio (comprese le produzioni in lingua straniera). Ancora più bassa è la media presenza della musica italiana nelle radio a prevalente presenza di programmi con conduttori a temi specifici, dove, escludendo le emittenti specializzate in musica italiana, la percentuale scende sotto il 23%.


2. Dall’analisi della quota di presenza delle etichette indipendenti emergono tre dati salienti:
altissima è la presenza di etichette indipendenti straniere con il 40% della programmazione complessiva contro il 7% di presenza di etichette indipendenti italiane;
circa il 50% delle indipendenti straniere gode di un sistema distributivo proprio, equivalente al 21% del programmato complessivo, mentre le italiane pesano solo per il 3,5%;
il 75% della programmazione fa riferimento, direttamente o indirettamente, alle major.


3. Il repertorio italiano si suddivide sostanzialmente nei generi “Italian Pop” e “Pop Rock” che si suddividono il 96% ca. della programmazione. Il rimanente 3.6% è per metà appannaggio del genere “hip-hop/rap” e il rimanente suddiviso tra gli altri generi musicali. I primi 10 artisti delle rispettive categorie detengono,mediamente, il 40% e 70% della programmazione, nonostante rappresentino il 7,9% del totale degli artisti programmati. Bisogna tenere conto però che si tratta di artisti con ampio repertorio.


4. Malgrado la rilevazione abbia riguardato i primi 3 mesi dell’anno, la presenza di produzioni musicali italiane nel 2007 è oltre il 26%. Ponderando l’anno solare si può indicare la presenza di un 40% ca. di produzioni dell’anno solare, 10 punti in media di scarto rispetto agli ultimi 3 anni per stabilizzarsi con una media oscillante tra 2% e 1% per gli anni precedenti sino ad arrivare agli anni sessanta.


Dati che devono invitare a riflettere il mondo della musica italiana. La domanda è questa: quale futuro può avere la musica italiana se la radio non l’aiuta? Mi riferisco alla musica che non gode certamente del potere economico delle “major”, cioè di quella “indipendente” costituita da piccolissime e piccole etichette dai mezzi finanziari e logistici scarsi. Ha ancora senso avere un gruppo musicale e affrontare indicibili sacrifici per ottenere nulla?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Interesting to know.